I padroni della Silicon Valley

Nell’immaginario comune le grandi aziende tecnologiche della Silicon Valley sono ancora legate ai loro carismatici fondatori. Però trattandosi della più imponente concentrazione di ricchezza del pianeta non può essere così.

Semplificando alcuni schemi di governo di queste grandi aziende come, ad esempio, le azioni di classe A con diritto di voto e le altre solo per investitori troviamo uno scenario piuttosto interessante:

Carket capPrimo ShareholderSecondoTerzo
Apple2030Vanguard GroupBlackrockBerkshire
Alphabet1200Page/BrinVanguard GroupBlackrock
Facebook788Mark ZuckerbergVanguard GroupBlackrock
Nvidia (ARM)328Vanguard GroupFMR LLCBlackrock
salesforce.com227Fidelity Management & Research Co…The Vanguard GroupRowe Price Associates
Paypal221The Vanguard GroupBlackRockSSgA Funds Management,
Oracle171The Vanguard GroupBlackrockSSgA found management
Cisco174The Vanguard GroupBlackrockSSgA found management
Ebay33,5Benchmark Capital ManagementThe Vanguard GroupIcahn Associates Holding
Silicon Valley Shareholders

The Vanguard Group e Blackrock sono sempre sul podio dei principali azionisti di queste aziende. Si tratta dei primi due fondi di investimento al mondo con a portafoglio trilioni di dollari in azioni e derivati. Con State Street (SSgA) controllano il 20% dell’intero indice S&P500 e otterranno il 41% dei voti nei consigli di amministrazione in meno di vent’anni. 

«The specter of giant three», preparato da due professori americani, Lucian Bebchulk e Scott Hirst, e pubblicato dalla prestigiosa rivista di Harvard, traccia un nuovo scenario di potere che ha soppiantato quello bancario come «influenzatore» delle scelte finanziarie attraverso lo strumento degli ETF che nell’articolo chiamano «shadow banking», traducibile con «potere bancario occulto».

Il tema più importante che sollevano è che una tale concentrazione di quote di controllo genera deferenza dei top manager verso di loro con la possibilità, se non di influenzare le scelte, almeno di non far prendere decisioni in contrasto con il loro desiderato. Esiste un delicato equilibrio tra le scelte dei manager e il valore dell’azione dato che queste sono la loro principale forma di retribuzione. Una direttrice strategica è giusta se l’azione sale, sbagliata se l’azione scende. Cosa succederebbe se qualcuno iniziasse a prendere decisioni sbagliate per l’azienda ma cin grado di favorire terzi e contemporaneamente l’azione salisse? Questa è l’ipotesi alla base delle analisi: il sistema non si autoregolerebbe e prima o poi imploderebbe come successe nel 2008 con le banche «too big to fail».

Il vecchio adagio che la ricchezza genera ricchezza è chiaramente visibile nelle analisi delle fluttuazioni delle borse mondiali. I due crolli di marzo e settembre, hanno favorito chi era in possesso di liquidità e danneggiato gli altri. Le analisi hanno mostrato che i principali operatori di borsa hanno investito (se non addirittura «shortato»), in occasione dei crolli per guadagnare tantissimo con le riprese successive. Il sospetto che alcune personalizzazioni di questo effetto devi l’attenzione non è così assurdo: si parla di Bezos, Musk & C e delle classifiche delle persone più ricche della terra senza mai dare risalto ad altre entità che non avranno un nome e un cognome ma che sembrano decisamente più grosse.

Ultimo punto: il legame sempre più intimo che si è creato tra finanza e tecnologia. Blackrock ha creato il più grande sistema computerizzato di analisi del rischio: Aladdin, qualcosa come 200 mainframe che elaborano strategie di investimento. Il sistema è conosciuto nel mondo come il principale fattore di successo del fondo, tanto che molte altre banche e fondi di investimento, compresi soggetti europei e le italiani, lo hanno adottato acquistato i suoi servigi.

Ma, come più volte rimarcato in Cyber, se tutti investono seguendo i consigli dello stesso «Guru», non è che questo accumula troppo potere. Nessuno conosce il dettaglio degli algoritmi e la logica dell’attacco al 51% della blockchain vale anche per il mondo della finanza.

CYBER C:\ il potere del ventunesimo secolo

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